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Gli industriali del nord a Salvini: “Ma quali accordi bilaterali. Sui dazi serve l’Ue”. Le parole di Meloni

Gli industriali del nord a Salvini: “Ma quali accordi bilaterali. Sui dazi serve l’Ue”. Le parole di Meloni

(foto Ansa)

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"Per trattare con gli Usa serve un approccio europeo. Il Mercosur? Può sopperie al calo della domanda americana". E la premier: "Contineremo a lavorare in costante contatto con Bruxelles". Parlano Amalberto (Confindustria Piemonte), Mondini (Confindustria Liguria) e Delladio (Confindustria Trentino)

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I leghisti continuano a suggerire di bypassare l’Ue nelle trattative con gli Usa sui dazi, e allora ci pensano loro, gli industriali del nord, a rimettere le cose nella giusta prospettiva. “Perché è chiaro che le merci europee sono interconnesse. E una soluzione può essere solo europea”, dice Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte. “Sul tipo di reazione ci possono anche essere divisioni, ma la strategia deve essere europea, non italiana”, analizza Giovanni Mondini, presidente di Confindustria Liguria. E anche Lorenzo Delladio, presidente degli industriali trentini, condivide: ““Chi vuole trattare per sé non è serio”. Messaggio ribadito ieri dalla premier Meloni: “L'obiettivo resta rafforzare l'occidente nel suo complesso, lavorando in costante contatto con l’Ue. Tutti gli altri scenari sarebbero totalmente insensati”.

Nelle ultime settimane, specialmente negli ultimi giorni, sono stati svariati gli interventi di esponenti della Lega, dal vicesegretario Claudio Durigon al senatore Claudio Borghi, passando anche per il segretario e vicepremier Matteo Salvini, che chiedevano di aggirare le contrattazioni europee perché “meglio fare da soli” con accordi di natura bilaterale. “Io non sono un tecnico, ma è evidente che andare a trattare direttamente con gli Usa singolarmente ci rende più deboli”, sottolinea al Foglio il presidente di Confindustria Piemonte Andrea Amalberto, ovvero una delle articolazioni territoriali che più rischiano di subire l’imposizione di dazi al 30 per cento negli Stati Uniti a partire dal primo agosto. “Negli ultimi anni l’Europa ha completamente sbagliato politica industriale, ma non è che se ti allontani dall’Ue, giochi a fare l’euroscettico, ti avvantaggi granché. L’esempio del Regno Unito sta lì a dimostrarlo”. Un conto sono puntuali revisioni di “autodazi interni” come le politiche del Green deal, su cui gran parte dell’industria italiana chiede un cambio di passo. Un altro sono gli strilli quotidiani che mettono Bruxelles nel mirino degli attacchi politici.

Anche il presidente di Confindustria Liguria Giovanni Mondini la vede in questo modo. “Siamo già particolarmente stufi perché di tempo ne è passato troppo, visto che di dazi si era iniziato a parlare ancor prima che Trump venisse eletto”, spiega al Foglio. “E’ del tutto evidente che sul tipo di reazione, sulla strategia successiva di adozione di controdazi, si possono anche avere visioni diverse. Ma questo non significa che si possa fare una battaglia perché i paesi affrontino la questione singolarmente. Sono assolutamente per un approccio europeo”. Per la sua regione dazi al 30 per cento avrebbero sicuramente un impatto ragguardevole. “Noi esportiamo soprattutto navi da crociera, yacht, fregate civili e militari. Le ricadute sul mercato americano sarebbero senz’altro un’incognita che allo stato attuale non ci permette di pianificare, fare investimenti, con la dovuta serenità. Anche per questo credo che si debba arrivare a una soluzione tempestiva, lavorando a stretto contatto con le istituzioni europee”.

Anche Lorenzo Delladio, presidente di Confindustria Trentino e a capo di un’azienda che produce scarpe sportive e che ha negli Stati Uniti uno dei principali mercati di sbocco, è su questa linea. “Io credo che i dazi al 30 per cento siano un’assurdità. Una provocazione per poi sedersi al tavolo delle trattative da una posizione di forza. Detto questo, cosa facciamo, andiamo a trattare per singoli articoli come il vino, i formaggi? La nostra forza è la negoziazione europea, non su base nazionale”. Fatto sta che, come spiega ancora al Foglio il capo degli industriali trentini, “questi dazi al 30 per cento sono anche un’opportunità per aprirsi a nuovi mercati. A partire anche da trattati come il Mercosur, che ci permetterebbero di consolidare ancor di più certi mercati che alcuni già frequentano. In questo senso noi imprenditori dobbiamo cercare di cogliere le opportunità che si aprono. E magari, in questo modo, cercare di sopperire al calo della domanda negli Usa”.

Anche Amalberto parla di “mercati appetibili, insieme all’Africa, quando parliamo di Mercosur”. E pure Mondini apre allo scenario: “L’unico motivo per cui credo non lo si stia facendo adesso è perché forse non si vuole condizionare l’esito della trattativa con Washington”. In definitiva, da parte degli industriali del nord s’avanza anche un appello trasversale alle forze politiche: “Ci vorrebbe buonsenso e un allineamento di posizioni, reso forse più agevole in Europa, tra i vari parlamentari europei, che in in Parlamento da noi”, ragiona Mondini. “Le ipotesi di guerra commerciale che stiamo vivendo sono una vera e propria emergenza internazionale. Non ci possiamo permettere di fare campagna elettorale sui dazi tra maggioranza e opposizione. Per questo tutti devono remare nella stessa direzione”, conclude Delladio.

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